Campobasso, la mia città. Potrei parlarne per ore o consumare la tastiera. Inutile negarne il forte attaccamento che provo. Un luogo ricco, spesso bistrattato, che nei vicoli invece conserva tracce di un passato, anche recente, di notevole rilevanza. Un saliscendi continuo immerso nei vari periodi della storia a partire dall’epoca sannitica.

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Cenni storici

La nascita di Campobasso la si fa risalire all’epoca longobarda, nell’858. Il toponimo ha diverse interpretazioni. Secondo lo Ziccardi deriva dal fatto che il luogo era sede di un campo militare del console romano Bassi. Secondo il Galanti, deriva dalla posizione in pianura di uno dei due borghi antichi. Per il Gasdia e il Masciotta, in ultimo, dal luogo in cui vi erano le case degli artigiani, cioè il “Campus Vassorum”. Quest’ultima è la tesi più accreditata.

La storia, però, parte da molto prima. Sono presenti infatti tracce di mura ciclopiche risalenti ai Sanniti che si stabilirono sul Montebello, l’attuale collina Monforte.

La città si sviluppò durante il periodo longobardo, quando fu data ai conti di Bojano, nel 1000. Con i Normanni la contea si ingrandì e la città divenne il centro più importante, tanto che Ugone da Molisio vi si stabilì. Nel 1130 il borgo si ampliò ulteriormente attorno a due nuove chiese, San Bartolomeo e San Mercurio.

Ai Molisio subentrarono i Gambatesa e poi i Monforte ed è con Cola Monforte che Campobasso ebbe il suo massimo splendore. Il conte fece costruire le mura di cinta e le porte di San Leonardo e Santa Cristina alle quali, nel 1476, ne furono aggiunte altre quattro: Sant’Antonio, San Nicola, Santa Maria della Croce e San Paolo. A lui si deve anche la ristrutturazione del Castello, edificato su una torretta longobarda andata distrutta nel terremoto del 1456.

Dal 1495 il feudo passò prima ai di Capua, poi ai Gonzaga, ai Vitagliano e infine ai Carafa. Con la morte di Mario Carafa la popolazione acquistò il feudo mediante la “reclamatio ad demonium” affidandolo a Pasquale Romano. La città si estese e la borghesia ne permise la fioritura socio-culturale fino ad essere soprannominata “Città Giardino” ad inizio ‘900.

Cosa vedere

Ricco di chiese è il centro storico. Di epoca romanica, X secolo, quelle di San Giorgio, San Bartolomeo e San Leonardo. Ognuna di esse ha una peculiarità: la facciata in San Giorgio, i portali con arco in San Bartolomeo, la monofora in San Leonardo.

Procedendo nel cammino troviamo il castello di origine normanna, a pianta quadrangolare, con quattro torri, un ponte levatoio e una corte spaziosa. Lungo la scalinata che porta al centro, superata la Torre Terzano, c’è il palazzo Mazzarotta, ora Museo Sannitico. Poco fuori il borgo antico troviamo la chiesa di Sant’Antonio Abate, testimonianza dell’arte barocca campobassana, in cui meravigliosi sono l’altare intagliato in legno e rivestito in oro zecchino, l’organo ligneo con intagli in oro e vari quadri di Scuola napoletana.

Antica è anche la chiesa di Santa Maria della Croce edificata dai Normanni e sede della confraternita dei Crociati dove, nel periodo pasquale, si celebra la Via Crucis. Le navate risuonano di un canto mesto che rievoca la morte del Signore e culmina nella melodia dolce del “Teco Vorrei”, canto molisano di una struggente malinconia.

Fuori dalle mura sorge la Cattedrale della Santissima Trinità, edificata nel XVI secolo in stile neoclassico, evidente nel monumentale prospetto a porticato con capitelli ionici e un frontone triangolare. Maestoso è l’interno abbellito dal pittore molisano Amedeo Trivisonno, autore anche di alcuni affreschi nella chiesa di Santa Maria del Monte, in cui notevole è l’altare maggiore in marmi policromi, sormontato da una statua lignea della Vergine.

Accanto alla chiesa vi sono da una parte il Teatro Savoia e dall’altra il Palazzo della Prefettura, in stile neoclassico, che si ritrova anche nel Palazzo di San Giorgio, sede del Comune, sorto sull’area occupata anticamente dal convento dei Celestini, e nel palazzo Cannavina nel centro storico. Degna di essere visitata è la settecentesca Villa de Capoa che, nata su una pianta di tipo rinascimentale, divenne fulcro cittadino e rimasto uno degli ultimi esempi di “giardino all’italiana” del sud Italia.

Caratteristiche sono la piccola chiesa di Santa Maria del Foras e il Convitto Nazionale “Mario Pagano” con un giardino di notevole importanza in cui si trovano una “Sequoia Gigante”, un “Ginkgo-biloba” e un cedro del Libano. Altre piante si trovano nella Villa dei Cannoni e nella Villa de Capoa dove sono abeti rossi, alberi di Giuda, tigli.

In ultimo, passeggiando nel centro storico della città, un invito ad alzare gli occhi al cielo, nello specifico alle ringhiere dei balconi dei palazzi. Questi, in ferro battuto finemente lavorato, rimandano all’antica tradizione della lavorazione di ferro battuto e acciaio traforato.

Tradizioni e gastronomia

In ordine cronologico, il 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate, si accende un grande fuoco presso l’omonima chiesa, la celebrazione della Pasqua con la Processione del Venerdì Santo, caratterizzata da un meraviglioso coro di 700 cantori. Il 31 maggio, in occasione della processione della Madonna del Monte, le vie del centro sono coperte da tappeti di fiori, l’”Infiorata”. Bellissima è la Sagra dei Misteri, macchine ideate da Paolo Saverio di Zinno, artista campobassano, che rappresentano quadri del Vecchio e del Nuovo Testamento. In estate non mancano feste e rappresentazioni teatrali, tra le quali spicca il Festival Nazionale del Teatro Popolare.

Infiorata (31 maggio)

In occasione della festività legata alla Madonna dei Monti, le vie del borgo si colorano di un tappeto di fiori a ricreare immagini scenografiche straordinarie. Su questo tappeto, la Madonna viene portata in processione. Tanta è la devozione che già dal mattino gli abitanti si adoperano per abbellire le strade con petali e zolle di erba, creando composizioni suggestive rappresentanti disegni geometrici, simboli religiosi e invocazioni a Maria.

Crociati e Trinitari

La manifestazione rievoca la pace tra Crociati e Trinitari, due delle confraternite laiche della città. L’avvenimento, risalente al 1587, si svolge in Piazza G. Pepe. Sul sagrato della Cattedrale giunge l’araldo che, ricordando i tristi episodi della lotta tra le due congreghe, invita il popolo ad una pace duratura. Arrivano poi i due gruppi preceduti da bandiere e vessilli, sbandieratori, dignitari, dame e sposi. Tutti i gruppi sono vestiti con costumi d’epoca, per i crociati predomina il colore rosso, per i trinitari il colore è il celeste. Vengono letti i bandi di sfida, quindi due dignitari delle opposte fazioni cercano di calmare i gruppi. Vi riescono con l’aiuto dell’Arciprete di San Leonardo ma, soprattutto, con l’aiuto di Fra Geronimo da Sorbo, frate cappuccino arrivato in città in occasione della quaresima.

I Misteri

È una delle più importanti e suggestive manifestazioni della cultura popolare religiosa molisana. Svolta il giorno del Corpus Domini consiste nella processione di tredici Misteri rappresentati da figure in carne ed ossa. Per i dettagli vi rimando all’articolo dedicato: Corpus Domini a Campobasso, processione dei Misteri.

Altro evento, divenuto col tempo una tradizione, è la “Su e Giù“, corsa non competitiva organizzata dal Gruppo Sportivo Virtus. Nata nel 1974 ormai è un evento atteso a tal punto da attirare oltre cinquemila partecipanti ogni anno la seconda domenica di novembre.

Riguardo la gastronomia i piatti sono semplici ma gustosi. Tra questi la caponata, biscotti bagnati nell’olio e nell’aceto e farciti con pomodori, olive e uova sode, i cavatelli con il sugo di maiale (le costine di maiale sono chiamate tracchiulelle), i crioli, pasta fatta in casa, la zuppa di finocchi e baccalà, pizza e minestra, una pizza di granturco con verdura campestre e i mostaccioli, dolci tipici natalizi. Da non dimenticare i liquori come il Poncio e la Crema Milk da sorseggiare magari mentre si gusta il prelibato Milk Pan.

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