Rocchetta a Volturno, ai piedi delle Mainarde (fa parte del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise), ricade, come si evince dal nome, nell’alta valle del Volturno. Le sorgenti di questo fiume, il più lungo dell’Italia meridionale, si trovano proprio nel territorio comunale. Non solo natura, però. Rocchetta a Volturno regala storie millenarie, bellezze a dir poco mozzafiato e tradizioni di grande rilievo.

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Cenni storici

Le prime notizie riguardo insediamenti nel territorio dovrebbero risalire tra la fine dell’impero romano e l’inizio del medioevo. L’antico abitato, oramai abbandonato, denominato “Bactària” (oggi Rocchetta Alta), sorgeva a sud-est dell’attuale comune e presenta ancora i ruderi del castello e della prima chiesetta. Saccheggiato e distrutto dai Saraceni nel IX secolo, i suoi abitanti confluirono nel posto che si disse “Rocchetta dell’abbadia” soprattutto dopo gli anni ’20 del ‘900 a causa di frane prima e secondo conflitto mondiale poi.

Periodo di massima espansione fu il medioevo. Nell’XI secolo, infatti, faceva parte dei possedimenti dell’Abbazia di San Vincenzo al Volturno, salvo poi passare sotto il controllo dell’Abbazia di Montecassino.

Nella storia di Rocchetta a Volturno, anzi, della sua frazione Castelnuovo al Volturno, vi è anche un particolare legato alla seconda guerra mondiale. Il paese, infatti, nel giugno del 1944, fu prima evacuato e poi distrutto dagli americani al solo scopo di girare un film. Oltre al danno, la beffa per gli abitanti di Castelnuovo che da pochi giorni erano rientrati nelle loro abitazioni dopo il termine della guerra.

Cosa vedere

Il territorio è disseminato di perle uniche al mondo. Il comune antico, costruito a monte e oramai disabitato, presenta scorci davvero suggestivi con il castello oramai diroccato e dominare l’intera vallata.

Primo luogo da menzionare, ovviamente, il Complesso Monumentale di San Vincenzo al Volturno (ricadente anche in territorio di Castel San Vincenzo) ove sorgeva l’antica Abbazia e dove, oltre ai ritrovamenti archeologici, vi è l’attuale Basilica, ricostruita dopo il secondo conflitto mondiale.

L’area su cui nacque l’abbazia aveva ospitato un insediamento di epoca tardoromana. Tra il V ed il VI secolo, tra gli edifici oramai in disuso, furono realizzate una chiesa ed un’area funeraria. La maggior parte delle notizie riguardo le vicende storiche del monastero le ritroviamo nel Chronicon Vulturnense, una cronaca del monaco Giovanni, redatta nel XII secolo che tratta delle storie del monastero dalla fondazione sino all’anno 1115.

Altra perla da non perdere è la chiesa rupestre di Santa Maria delle Grotte, di architettura benedettina, con affreschi di notevole importanza, alcuni dei quali realizzati sulla nuda pietra. Su questa non mi dilungo troppo e vi rimando all’articolo di approfondimento “Santa Maria delle Grotte“.

Ancora, imperdibile, è il Museo Internazionale delle Guerre Mondiali e, a proposito di guerra, non si può non menzionare Monte Marrone, luogo di battaglia e dove è nato l’esercito italiano. Sempre a riguardo, a Rocchetta è presente un monumento a Giaime Pintor, giornalista, scrittore e antifascista. Rimanendo sulla vetta della montagna, infine, non si può non menzionare Charles Moulin, pittore francese che, innamoratosi del suono della zampogna, arrivò nella frazione di Castelnuovo a Volturno da alcuni conoscenti che la suonavano e non se ne andò mai più, incantato da luoghi e persone. E, proprio nei pressi della cima di Monte Marrone, decise di costruire un capanno dove andò a vivere.

Tradizioni e gastronomia

Tra le tradizioni è impossibile non citare quella de Gl’ Cierv, il rito dell’Uomo Cervo, che si svolge ogni anno l’ultima domenica di Carnevale. A tal proposito, vi lascio all’articolo di approfondimento “Il rito del’Uomo Cervo“.

Piatti tipici del luogo sono i “Cacaruozze”, Fettine di vitello alla contadina, Fiadone e Frattaglie e Melograno.

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