Grida, rumori molesti, persone spaventate. Se siete a Tufara durante il martedì grasso fate largo, sta arrivando il Diavolo di Tufara.

Il Carnevale (dal latino “carnem levare“, eliminare la carne, che indicava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di Carnevale, Martedì Grasso) affonda le origini in tempi remoti e riti pagani.

Questo aspetto rituale, primitivo, magico e quasi sciamanico del Carnevale lo si può ritrovare in molti eventi del carnevale molisano. Tra questi, uno dei riti più suggestivi è quello del diavolo di Tufara. Un essere che corre per le vie del paese incutendo timore, urlando e dimenandosi.

Il Diavolo

Il “Diavolo” spunta all’improvviso l’ultimo giorno di Carnevale tra i vicoli del paese, palesandosi tra corse, salti, danze e acrobazie sfrenate che suscitano un timore reverenziale. Indossa sette pelli di capro che, secondo i riti pagani, era l’animale in cui era solita manifestarsi la divinità. Impugna un tridente e ha volto diabolico sul quale il colore prevalente è il rosso. Occhi sgranati, denti digrignati e orecchie a punta le caratteristiche che saltano subito all’occhio.

Le origini e il significato di questa figura si perdono nella notte dei tempi. Forse rappresenta il padrone degli inferi richiamato sulla terra da riti pagani. Alcuni rivedono in questa maschera la danza propiziatoria nella quale i nostri avi si esibivano quando intuivano la fine dell’inverno e il risveglio della natura. Altri, invece, una danza liberatoria per scrollarsi di dosso e dimenticare le fatiche della vita. Altri ancora la rappresentazione della passione e la morte di Dioniso, dio della vegetazione.

Il rito e gli altri personaggi

Il diavolo di Tufara non è solo urla ed esibizioni contorte. È infatti preceduto dalla “morte“, figure vestite di bianco con il volto cosparso di farina che rappresentano la purificazione del seme che muore per dar vita alla pianta e al raccolto. Non a caso, questa figura è armata di falce che viene fatta volteggiare evocando proprio il gesto dei contadini che mietono con il canto che cadenzava il lavoro sostituito da urla, grida e salti delle maschere.

I folletti trattengono il diavolo per le catene e lo trascinano per le vie del paese cercando di tenere a bada la sua foga ma lui continua a divincolarsi saltando, buttandosi e rotolando per terra.

Oggi la figura del Diavolo ha assunto un significato diverso dal passato. Al diavolo-Dioniso si sostituisce il capro-espiatorio, il pupazzo identificato con il carnevale. Esso viene processato da una giuria strampalata e, nonostante la difesa tragicomica dei genitori, viene condannato e scaraventato dall’alto del castello.

Muore il pupazzo ma non la speranza, poiché la madre ha già pronto un altro neonato che darà continuità al rito. Un’ultima figura, non meno importante, è quella de “u’ pisciatur” che rappresenta i vizi, l’allegria e il trionfo del caos del carnevale che finiranno con la morte dello stesso.

Per tutte le informazioni e restare informati sulle manifestazioni legate al Diavolo di Tufara potete visitare il sito dell’associazione organizzatrice.

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