Campodipietra: storia, bellezze e musica jazz

Campodipietra, posto su una cresta, è proteso verso la valle del fiume Tappino; il suo territorio è da sempre strategico per la presenza di importanti vie di comunicazione, tra tutte il tratturo “Lucera-Castel di Sangro”, che ne attraversa la periferia. Per secoli le soste dei pastori transumanti hanno costituito per il centro una fondamentale occasione di scambi commerciali e contaminazioni culturali.

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In ultimo, prima di inoltrarvi nella lettura, un grazie a Gioele Di Renzo per il supporto e le informazioni fornite.

Cenni storici

I reperti più antichi, tre bracciali bronzei del VII-VI secolo a. C. e una statuetta bronzea del dio Ercole di metà IV secolo a. C. (fra le più belle del Molise), attestano che il suo territorio era abitato fin dall’età sannitica; data l’importanza tali reperti sono custoditi nel Museo Sannitico di Campobasso. Le testimonianze di età romana, invece, sono costituite da tracce di diverse necropoli e di tre ville rustiche.

La pianta ellittica che ancora oggi conserva il centro storico, unitamente all’assenza di un castello tipicamente normanno, presuppone un’origine longobarda. Il nome “Campus de Petra compare per la prima volta nel 1022, all’interno del Chronicon Vulturnense poiché in quell’anno l’imperatore del Sacro Romano Impero Germanico Enrico II di Sassonia scese nel centro-sud Italia alla testa di un esercito di quarantamila soldati per riaffermare la sua autorità su Longobardi e Bizantini.

Seguendo l’antica via romana Larinum-Bovianum giunse a Campodipietra, dove pronunciò una sentenza giudiziaria a favore di Ilario da Matera, abate di San Vincenzo al Volturno, venuto a chiedere la restituzione di numerose proprietà dell’abbazia in territorio abruzzese, usurpate da signori locali. L’importanza di tale evento è il punto focale delle celebrazioni per il millenario da tale passaggio (2022).

Dall’età medioevale il paese diventa dominio dei Marchisio fino al trecento, periodo in cui passa ai De Verulis, agli Acquaviva e ai Boccapianola. Alla fine del quattrocento fu ereditato dalla famiglia Monforte mentre nel secolo successivo viene acquistato dai di Capua, duchi di Termoli, che a loro volta lo vendono ai Ceva Grimaldi, marchesi di Pietracatella. Nella prima metà del seicento il feudo viene acquistato dai Carafa, duchi di Campolieto. Importante esponente di questa famiglia fu la duchessa Claudia Carafa, il cui ricordo è ancora presente nella memoria popolare per l’esemplare amministrazione del feudo, come riportato dallo storico locale Francesco Rossi (1846-1935). Il settecento vede sorgere un contrasto fra due nobili famiglie per il possesso del feudo: i Di Sangro, duchi di Casacalenda, che ne diventano intestatari nominali e i Carafa di Campolieto, rimasti padroni materiali.

Con la nascita del regno borbonico Campodipietra vede l’espansione urbanistica al di fuori del centro storico e la ricostruzione della chiesa madre. Gli inizi dell’ottocento sono anni difficili a causa del devastante terremoto del 1805 e della soppressione della transumanza. Anche se nello stesso periodo viene abolito il feudalesimo, ancora dopo l’Unità d’Italia, Campodipietra è teatro di violente cause legali contro gli ex feudatari e i loro privilegi.

Verso la fine del secolo il paese vive una lenta crescita economica, accompagnata da uno sviluppo edilizio. Durante il novecento anche Campodipietra subì le conseguenze delle guerre mondiali e dell’emigrazione. Dagli anni ottanta del novecento, però, una nuova espansione, tale da renderlo uno dei centri più importanti dell’hinterland del capoluogo regionale.

Cosa vedere

In piazza della Rimembranza si trova il Monumento ai caduti delle due guerre mondiali e ai suoi piedi è posta un’epigrafe, di età augustea con inciso: Numerio Accio Filonico, liberto di Numerio, (è qui sepolto con) Accia Hel…/ Filonico da vivo si fece costruire. L’iscrizione consente di testimoniare la presenza della famiglia sepinate degli Accii in paese.

Sempre in piazza della Rimembranza, murata in una delle pareti dell’ex refettorio dell’asilo infantile, si trova una lapide funeraria probabilmente di età augustea, rappresentante due coniugi in bassorilievo mentre si stringono la mano in segno di fedeltà. L’origine del nome del paese deriva verosimilmente da questa lapide.

Su una parete esterna del centro pastorale si trova una lunetta del XII-XIII secolo con il bassorilievo romanico di un agnello crucifero. Secondo il Rossi la lunetta proveniva dalla scomparsa cappella di Santa Maria di Loreto. L’annessa cappella di San Bonaventura custodisce la tela settecentesca della Madonna del Rosario, attribuita a Nicola Boraglia.

Scendendo da piazza si giunge al centro storico dalla pianta ellittica, con l’ex palazzo Ducale e la parrocchiale, intitolata a San Martino Vescovo: è di origini medievali ma tra il 1768 e il 1770 venne abbattuta e ricostruita con le forme barocche visibili ancora oggi, principalmente ad opera del costruttore Nunzio Margiotta di Pescopennataro. Oltre alla facciata con bassorilievi ed epigrafi commemorative, l’interno della chiesa custodisce due statue di Paolo Saverio Di Zinno, dipinti murali di Paolo Gamba, una tela di Ciriaco Brunetti, una di Francesco Montagano e varie attribuibili a Nicola Boraglia. Adiacente alla parrocchiale vi è il poderoso campanile, ricavato da un’antica torre difensiva.

Tradizioni e gastronomia

Tra le feste, molto sentita è quella del protettore San Michele Arcangelo (12 agosto) con processione e festeggiamenti civili. Solo in quest’occasione viene riportata in paese una preziosissima croce processionale a tortiglioni arborei in argento sbalzato e cesellato, rame e pietre preziose, di produzione orafa napoletana di fine cinquecento, recante l’iscrizione “Prospero Eustachio da Gambatesa, cavaliere di Gerusalemme, arciprete di Campodipietra, a sue spese costruì e donò questa croce alla cappella del SS. Rosario nell’anno del Signore 1587″.

Di notevole importanza gli eventi estivi “Riviviamo il Tratturo”, contenitore culturale allo scopo di valorizzare il tratturo e “Jazz in Campo”, seguitissimo festival di musica jazz con musicisti internazionali di grande spessore. L’11 novembre, invece, la festa del patrono San Martino Vescovo è accompagnata da una grande fiera.

Riguardo la gastronomia, Campodipietra era annoverata fra i centri vitivinicoli più importanti del Molise, soprattutto per la produzione di vini bianchi (Trebbiano, Moscato, Malvasia). Ancora oggi è intensa la produzione di olio d’oliva, specialmente della cultivar “sperone di gallo”. L’antica vocazione agropastorale della popolazione si riflette nella cucina paesana tipica: cavatelli, sagnetelle triangolari, frascatièlle (pasta di grano duro fatta di grumi sferici), pallotte casce e ova al sugo e in brodo, pizza di granone e minestra campestre, spezzatino di frattaglie d’agnello, baccalà arracanato con acini di uva locale, fiadoni di Pasqua dolci, ciélle ammalàte (azimi melati, taralli di pasta lessati nel mosto cotto), surbetta con neve e mosto cotto.

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